Finanza
Il cda di Azimut dà bonus di 2,5 mln ai sindaci che controllano il suo operato
Nella sterminata casistica delle remunerazioni eccessive o ingiustificate dall’alta dirigenza delle imprese, le società quotate a Piazza Affari si distinguono esibendo la più italiana delle virtù: la creatività. Abbiamo avuto capitani di industria che si sono attribuiti premi stratosferici per il successo di un singolo affare; presidenti di banca a cui il cda da loro presieduto riconosceva un premio per il semplice fatto della fusione con una banca concorrente; presidenti onorari che incassavano laute parcelle per prestazioni professionali di cui non v’era traccia.
A questo giro di assemblee chiamate ad approvare bilanci, distribuzione degli utili e in qualche caso a rinnovare gli organi sociali, il compito di testare nuove formule in materia di compensi ai vertici tocca alla Azimut Holding – il principale operatore non bancario italiano attivo nella raccolta e gestione del risparmio con circa 37 miliardi di euro di masse gestione e amministrazione.
Il consiglio di amministrazione di Azimut vuole infatti erogare un compenso integrativo straordinario all’organo deputato a vigilare sull’operato degli amministratori e l’andamento complessivo dell’azienda: un premio una tantum di 2,5 milioni di euro al collegio sindacale in scadenza. L’integrativo è motivato con i brillanti risultati del gruppo e con il carico di lavoro svolto. Azimut Holding ha concluso il 2015 con 247 milioni di utili, in crescita del 42% sul 2014.
La proposta collide le migliori prassi consolidate in tema di compensi attribuiti soggetti impegnati funzioni di vigilanza, inclusi gli amministratori non esecutivi indipendenti, per il quali il criterio prevalente è di fissare ex ante il compenso e di commisurarlo all’impegno richiesto a ciascuno di essi, evitando così conflitti che potrebbero insorgere fra la funzione che sono chiamati a svolgere e un interesse legato alle performance aziendali.
Sui sindaci, inoltre, la legge italiana stabilisce rigidi criteri. L’articolo 2402 del Codice civile stabilisce che «la retribuzione annuale dei sindaci, se non è stabilita nello statuto, deve essere determinata dalla assemblea all’atto della nomina per l’intero periodo di durata del loro ufficio». Il compenso va dunque determinato al principio, in sede di nomina, e non dovrebbe essere suscettibile di variazioni verso l’alto o verso il basso: in entrambe le direzioni infatti ci sarebbe una lesione dell’indipendenza, che è essenziale all’esercizio della funzione.
Il premio ai controllori
«Si propone, inoltre, agli Azionisti – si legge nella relazione del consiglio di amministrazione all’assemblea degli azionisti – di deliberare in merito alla integrazione del corrispettivo determinato a favore del Collegio Sindacale in scadenza e di deliberare quindi l’erogazione di un importo complessivo per l’intero Collegio Sindacale non superiore a Euro 2,5 milioni lordi, alla luce dei brillanti risultati conseguiti dalla Società ed anche dell’intensa attività professionale svolta».
L’operazione andrà dunque approvata dagli azionisti nell’assemblea del 28 aprile, che dovrà anche rinnovare amministratori e sindaci. Fra i grandi azionisti, oltre agli interni riuniti in Timone Fiduciaria, figurano alcuni dei più noti operatori attivi nello stesso settore Azimut, come le società di gestione Blackrock e Lazard Asset Management, che hanno una partecipazione del 5% a testa, e Fidelity (2,7%).
L’attuale organo di controllo di Azimut è stato nominato nel 2013 e concluderà il suo mandato con l’assemblea societaria del 28 aprile. È composto da Giancarlo Strada (presidente) e dai sindaci effettivi Fiorenza Dalla Rizza e Massimo Colli. Mentre quest’ultimo è stato estratto dalla lista presentata dagli investitori istituzionali della società (Allianz, Fideuram, Eurizon, Pioneer), i primi due sono stati proposti dal patto di sindacato costituito tra 1.447 soggetti (fondatori, manager, dipendenti, promotori finanziari del gruppo), che a fine 2015 detenevano complessivamente azioni pari al 13,7% della società, e depositate presso la Timone Fiduciaria.
Costi quadruplicati
L’assemblea del 24 aprile 2013 aveva deliberato «di attribuire al presidente del collegio sindacale Euro 70.000,00 lordi annui e a ciascuno degli altri due sindaci effettivi Euro 65.000,00 lordi annui, importi comprensivi di ogni corrispettivo, costo, onere e spesa sostenuti dai sindaci in ragione del predetto incarico». Il compenso effettivo finale del presidente dei collegio sindacale è stato però ben più alto: il presidente Strada ha infatti introitato 192 mila euro nel 2013 e 166mila euro nel 2014 (manca al momento il dato sul 2015), cifre che includono i compensi ricevuti dalle società controllate.
Il bonus straordinario proposto dagli amministratori a favore dei loro controllori determina, nella misura massima prevista, un premio annualizzato pari a oltre quattro volte il costo base di 200 mila euro all’anno per tre anni deciso dall’assemblea della Azimut Holding nel 2013. Il costo effettivo totale del collegio sindacale della capogruppo sarebbe circa il 516% di quanto inizialmente previsto per il triennio. Per tutti i collegi sindacali delle società del gruppo sono stati spesi 615 mila euro nel 2014.
Dalla lista depositata oggi dagli azionisti di maggioranza relativa (Timone Fiduciaria), risulta che nessuno dei tre sindaci in scadenza sarà riconfermato, e per i nuovi verrà proposto «di non far crescere il costo per la Società e quindi di non incrementare il corrispettivo spettante al Collegio Sindacale».
Una scelta ardita
Alla luce della prassi e della legge, la scelta di attribuire un premio ai sindaci è particolarmente ardito. Un aumento pure e semplice del compenso, e peggio ancora un bonus esplicitamente legato alle performance aziendali, è ritenuto in contrasto con la norma. Secondo alcuni esperti, quando l’incarico è stato oggettivamente più oneroso di quanto ipotizzato al momento del conferimento del medesimo, ci potrebbe essere spazio per un ritocco: la strada è però molto stretta.
In ogni caso, il compenso integrativo non dovrebbe essere legato ai risultati aziendali, ma un adeguamento strettamente connesso al lavoro effettivo svolto, come accade per esempio per le società di revisione, dove adeguamenti del corrispettivo sono possibili in itinere, purché nel rispetto di criteri predeterminati, in sede di nomina, su proposta del collegio sindacale. Su questa linea, per esempio, lo stesso cda di Azimut propone di adeguare da 35mila euro a 70mila euro il compenso alla società di revisione, la Pricewaterhouse, che ha ricevuto mandato per gli esercizi 2013-2021. Adeguamento che però riguarda solo per esercizi rimanenti, ed è motivato analiticamente con un incremento del lavoro svolto.
Gli amministratori si concedono un extra
Per il consiglio di amministrazione in scadenza l’assemblea degli azionisti del 24 aprile 2013 aveva deliberato «un emolumento annuo lordo complessivo per l’esercizio 2013 e per i due esercizi successivi e fino alla scadenza del mandato di massimi euro 2.063.000».
A conclusione del triennio, invece, è lo stesso cda a chiedere un extra: «Si propone, inoltre, agli Azionisti di deliberare in merito all’erogazione di un bonus straordinario una tantum, a favore del Consiglio di Amministrazione in scadenza, pari ad un importo complessivo per l’intero Consiglio di Amministrazione non superiore a Euro 5 milioni lordi alla luce dei brillanti risultati conseguiti dalla Società ed anche dell’intensa attività professionale svolta», scrive il presidente e amministratore delegato Pietro Giuliani, che sarà fra i beneficiari del bonus. Giuliani è uno dei pionieri del risparmio gestito in Italia, e storicamente ha giocato un ruolo importante nella promozione delle best practices di governance tramite Assogestioni, la lobby dell’industria del risparmio gestito. Nel 2013 Giuliani ha percepito quasi 1,5 milioni di euro nel 2013 e poi nel 2014 (manca il dato 2015), di cui 430 mila euro per incarichi nelle controllate. Per il prossimo triennio, a seguito di richiesta dei regolatori, Giuliani lascerà l’incarico di a.d., mantenendo solo quello di presidente.
Il bonus straordinario proposto dagli amministratori uscenti a favore di se stessi determina, nella misura massima prevista di 5 milioni di euro, un premio annuale pari all’80,7% del costo base di 200 mila euro all’anno per tre anni deciso dall’assemblea nel 2013. Il costo effettivo del cda sarebbe circa il 180% di quanto inizialmente previsto.
I manager tornano a investire in azioni della società
Nello stesso tempo, 1.111 aderenti al patto di sindacato si sono impegnati a investire 32,1 milioni di euro in azioni Azimut nell’arco di quattro anni. Gli 11 dirigenti con responsabilità strategiche investiranno 5,1 milioni; gran parte di questa somma è riferibile al solo presidente Giuliani (4,8 milioni). Significa che gli altri 10 dirigenti strategici investiranno in media 7.500 euro l’anno in azioni della società per cui lavorano. Questo impegno di confronta con un compenso di 743 mila euro, incassati dal co-amministratore delegato Marco Malcontenti, di 559 mila euro per il direttore generali Paola Mungo, e di una media di 164 mila euro a testa per altri quattro dirigenti strategici (fonte: Bilancio 2014, relazione sulla remunerazione).
«Questo acquisto di azioni – ha spiegato Pietro Giuliani – dimostra che sta avvenendo il contrario di quanto siamo stati accusati, quando circa un anno fa abbiamo venduto parte delle nostre le azioni. Avevamo detto che saremmo rientrati e lo stiamo facendo». Un anno fa erano sorte molte perplessità di fronte alla riduzione della partecipazione degli azionisti storici riuniti in Timone, scesa dal 20 all’attuale 13,7 per cento. Il patto di sindacato depositato presso Timone Fiduciaria aveva infatti deciso di ridurre i vincoli sul blocco delle azioni, rendendo quindi possibile venderne una parte. Il risultato fu il fuggi fuggi. Molti manager cedettero le loro azioni sul mercato, incluso lo stesso Giuliani; una quota del 5,26% fu collocata a investitori istituzionali; la partecipazione in capo ai pattisti ridusse dal 20 a sotto il 14 per cento.
In quel momento gli osservatori vi lessero un segnale di sfiducia dei manager verso la loro stessa società, un po’ incomprensibile sia alla luce dei robusti risultati del primo trimestre 2015 sia rispetto all’annuncio di un piano di distribuzione degli utili tramite un buy back azionario e un incremento dei dividendi per gli anni futuri, possibile grazie all’enorme cassa accumulata (550 milioni di euro) ma fin qui bloccata in attesa di un’autorizzazione della Banca d’Italia, che peraltro non è ancora arrivata.
La vendita massiccia di azioni da parte degli interni avveniva dopo che il 7 maggio 2015, in una conferenza telefonica con gli analisti, Giuliani aveva detto che a quei livelli di prezzo (circa 28 euro per azione) avrebbe fatto il riacquisto di azioni, Bankitalia permettendo. Pochi giorni dopo, il 13 maggio, partirono le lettere di convocazione degli azionisti del patto. Nel frattempo il titolo Azimut continuava la sua corsa verso i massimi degli ultimi cinque anni, toccati il 15 maggio 2015 sopra 28 euro per azione, grazie all’entusiasmo per i conti e per il buyback. Il patto si riunì il 18 maggio e prese la decisione di sbloccare e vendere le azioni. Da allora le quotazioni di Azimut sono scese molto, e oggi viaggiano attorno a 20 euro, dopo aver toccato il minimo degli ultimi 12 mesi a 15 euro.
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Nella foto, Pietro Giuliani, fondatore e presidente di Azimut
Tre anni di Azimut in Borsa
(fonte: Borsa Italiana)
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