Geopolitica
La prima anagrafe dei migranti morti nel Mediterraneo
Qualche settimana fa abbiamo intervistato il professor Paolo Cuttitta, esperto di politiche migratorie e studi sul controllo delle frontiere. In uno stimolante botta e risposta (lo trovate qui) ha fornito un punto di vista alternativo e altamente qualificato sulle stragi di migranti nel Mediterraneo, indicando soluzioni pratiche decisamente lungimiranti: tra queste l’abolizione dell’obbligo del visto o l’introduzione di un visto umanitario, che consentirebbe alle persone di viaggiare regolarmente. Il professor Cuttitta ci ha anche introdotto al progetto di ricerca cui sta lavorando presso la Vrije Universiteit di Amsterdam, finanziato dallo stato olandese con un VICI, la più prestigiosa (e cospicua) forma di investimento statale in ricerca. Tema: “Costi umani del controllo delle frontiere”. Abbiamo così scoperto che tra le finalità v’era la creazione della prima anagrafe delle persone morte nell’attraversamento del Mediterraneo.
Quel lavoro è completato: sul sito www.borderdeaths.org è online da qualche giorno la banca dati dei migranti deceduti ai confini meridionali dell’UE tra il 1990 e il 2013. E’ il frutto di un anno di indagini condotte da tredici ricercatori in 563 uffici di stato civile tra Spagna, Italia, Grecia, Malta e Gibilterra, raccogliendo le informazioni fornite dai certificati di morte. L’esito delle ricerche è un numero: 3188. Sono le persone morte mentre tentavano di raggiungere l’UE dai Balcani, dal Medio Oriente, dal Nordafrica e dall’Africa occidentale. Un numero enorme, eppure parziale: l’anagrafe comprende ovviamente solo le persone i cui corpi sono stati ritrovati e registrati dalle autorità dei paesi europei. Mancano i decessi avvenuti sull’altra sponda e i dispersi: il numero complessivo si stima essere terribilmente più alto.
La banca dati è una risorsa unica perché fornisce, ove reperite nei certificati, informazioni quali il luogo e la causa del decesso, il sesso, l’età, il paese d’origine e l’indicazione se la persona è stata identificata o no. E allo stesso tempo “testimonia decenni di indifferenza da parte dei paesi europei: queste informazioni le avevano già, ma non si sono curati di raccoglierle”, dice Thomas Spijkerboer, professore di diritto dell’immigrazione alla Vrije Universiteit e responsabile del progetto di ricerca.
“Il lavoro fatto dimostra che è possibile tenere una contabilità dei morti di frontiera” sottolinea il professor Cuttitta. “Il database, tuttavia, dimostra anche quanto siano scarse e insufficienti, in molti casi, le informazioni registrate dalle autorità locali. In alcune circostanze i ricercatori hanno constatato come, per i morti di frontiera, le regole che vigono per i morti “normali” finiscano per essere disapplicate: già discriminati da vivi, insomma, i migranti finiscono per essere discriminati anche da morti. Su entrambi questi punti gli stati dovrebbero intervenire: per assicurare un giusto trattamento ai cadaveri e la raccolta di ogni possibile informazione utile all’identificazione.”
Proprio per questo nel presentare l’esito del progetto i ricercatori hanno invitato i paesi europei a continuare la raccolta dei dati sotto la supervisione di un nuovo Osservatorio Europeo sulla Morte dei Migranti da istituirsi in seno al Consiglio d’Europa. Con due obiettivi:
1. Aiutare a rivedere le politiche migratorie europee affinché meno persone muoiano alla frontiera
Negli ultimi venticinque anni la lotta contro le migrazioni irregolari è stata inasprita, eppure allo stesso tempo è aumentato il numero delle vittime. “Questi due sviluppi potrebbero essere correlati: il crescente numero di morti potrebbe essere in parte un effetto collaterale, non voluto, delle politiche europee”, secondo il prof. Thomas Spijkerboer.
2. Aumentare il tasso di identificazione delle persone decedute
Meno della metà dei migranti morti risulta identificata e la percentuale di identificazione cambia notevolmente a seconda del luogo e del periodo. L’identificazione dei migranti deceduti è difficile, ma fondamentale per la dignità della persona interessata e per i familiari superstiti (per ragioni di privacy nella versione online del database i profili individuali sono anonimizzati).
Thomas Spijkerboer e Tamara Last hanno realizzato un breve documentario della loro prima visita a Malta. Lì comprendono quanto la ricerca sarebbe risultata complessa, ma anche quanto avesse a che fare con la dignità dell’uomo.
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