Geopolitica
I quattro pilastri del nostro futuro e della nostra libertà
Non ho letto nulla o quasi dei commenti sulla Brexit eccetto l’aver ascoltato le poche parole di un politico mediocre e sconfitto, David Cameron, davanti al numero 11 di Downing Street. Conoscendo le regole del Trattato di Lisbona, al contrario dei molti che straparlano, ha delineato tempi e modi della uscita e difficilmente si devierà da quel binario.
Io ho letto poco o nulla perché stavolta più che leggere bisogna riflettere e la Brexit è la assordante sconfitta della idea della irreversibilità della storia, delle sue magnifiche sorti e progressive, dell’idea che il domani sarà certamente migliore dell’oggi perché impariamo dai nostri errori. Non è vero, la storia è una vicenda umana che costruiamo giorno per giorno con i nostri limiti, con i nostri interessi, con i nostri egoismi e, non ultimo con le nostre paure e per questo anche la Libertà ben più della Democrazia rimane un valore sempre in pericolo. La democrazia è un metodo e non un valore, ricordiamocelo; la Libertà è qualcosa che sanguinosamente abbiamo ottenuto nei millenni e chi straparla su democrazia partecipativa o rappresentativa, su modalità elettorali o valore dei referendum dovrebbe prosi prima la domanda: cosa serve meglio la nostra Libertà?
Per noi la Libertà, la sua affermazione e la sua difesa, coincide storicamente (non filosoficamente) con la nascita dell’Europa dalle ceneri del totalitarismo. Per questo siamo europeisti convinti, non per provincialotto idealismo internazionalista ma per concreta paura degli errori che rimanendo da soli possiamo commettere. E questo mi porta alla seconda riflessione per la quale ringrazio i Britannici del Leave, e cioè la dura e benedetta constatazione che la politica batte l’economia uno a zero: che cioè esiste una superiorità della politica anche nei suoi errori se è vero che i Britts meno abbienti votando Leave saranno più poveri. Che ne siano coscienti o meno è irrilevante, un voto è una manifestazione politica e non un semplice calcolo. Questo lo dobbiamo spiegare bene agli amici tedeschi, in cui il Kombinat finanziario industriale ha una prevalenza terrificante sulla Bundeskanzlerin come si è dimostrato sulla questione immigrazione: sono i tedeschi e non gli inglesi che devono comprendere il ruolo della politica non asservita alla economia e che l’economia non può essere la prosecuzione della Prussia con altri mezzi. Serve occhio lungo, non solo prudente astuzia democristiana.
Quale è il quadro che abbiamo davanti? Quali sono i pilastri irrinunciabili per la difesa della nostra Libertà? Non parlatemi dei danni economici, della fuga delle banche dalla City o del crollo della Sterlina: tutta roba che si brucia in un nanosecondo della storia. Parliamo di quattro pilastri, più una speranza. Il primo pilastro è la “libera” circolazione di persone, merci e capitali nella Unione Europea: esso declina non il commercio ma l’idea di Libertà dei suoi cittadini. Cameron per ragioni di politica interna ha voluto trattare una “clausola di favore” rispetto agli altri cittadini europei non rendendosi conto che non ci si iscrive a un club perché ottieni lo sconto sulla tessera: ora ne stia fuori. Per noi, abbinato a Schengen, è stata una straordinaria affermazione della Libertà che va tutelata dal maggior pericolo oggi rappresentato dalla pressione anche psicologica dei migranti: se vogliamo che se ne comprenda appieno il valore allora i confini del Mercato Unico vanno presidiati da una polizia unica e da una unica politica sulla immigrazione. Non serve un esercito europeo, è un sogno irrealizzabile. Ma una Guardia di Frontiera che faccia visibilmente comprendere agli europei in primis che esiste un “in” e un “out” serve eccome. Secondo pilastro è la Nato: ultima eredità del secondo conflitto mondiale è la Nato che ha difeso la nostra Libertà molto più dell’idea di un esercito europeo dove Francia e Gran Bretagna, potenze nucleari, avrebbero imposto inevitabilmente la loro prevalenza. La Nato al contrario ha garantito equilibrio e sicurezza solidale per tutti, e vale la pena che i governi ne riaffermino la adesione anche con atti concreti. Il terzo pilastro è l’Euro: l’istituzione europea che ha meglio funzionato in questi anni è stata la BCE, anche qui piaccia o non piaccia. Un Italiano alla BCE ha rappresentato una idea di Europa che si era affievolita in elitè la cui inconsistenza è la maggior causa della crisi che viviamo: non credo che sia un caso che questo italiano sia un figlioccio di Carlo Azeglio Ciampi, uomo non immune da errori ma che la guerra la vide. E il quarto pilastro, da costruire, è il TTIP. Ok, è una grana ma dobbiamo guardare la storia o facciamo la fine degli inglesi: quella che si sta disegnando è una area di libertà individuali e collettive, di economie integrate e interessi mediati che va dal Giappone alla Ucraina, ovviamente passando per Washington, difesa da trattati militari a Est e a Ovest (a proposito, in questo mondo così profondamente e inconsciamente rivoluzionato noi Occidentali Europei siamo….. il fianco Est: riflettiamoci).
Questi sono i quattro pilastri che dobbiamo tenere insieme. E ciò che li deve tenere insieme è una idea di libertà che la politica deve servire con perizia se avrà una capacità che oggi ha perso: il saper dare una speranza ai suoi elettori. Fare i compiti a casa non è una speranza, sapere che se funzionano ci sarà un dividendo certo e tangibile invece sì. Dopo otto anni di guerra economica i cittadini europei hanno bisogno di un segnale, noi italiani più di altri ma i tedeschi pure se non vorranno farsi risucchiare nei fantasmi oscuri di AFD. Forse il fatto che nessuno di queste sciocche elitè abbia avuto un figlio morto in guerra ha un suo significato ed evidentemente non glielo si può augurare. Ma l’idea che la Storia sia irreversibile è una sciocchezza che dobbiamo abbandonare in fretta perché nemmeno la Libertà, purtroppo, è irreversibile e io non ho nessuna intenzione di rinunciarci.
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