Filosofia
Il Galateo della discussione: gli Stati generali dell’argomentazione
IN BREVE. Consapevoli del basso livello raggiunto nel dibattito pubblico (salvo che sugli Stati Generali), invitiamo i lettori e le lettrici a elaborare con noi un modello di discussione “cortese”. Non siamo ingenui. Sappiamo benissimo che il mondo (non solo della politica) va diversamente, ma il canovaccio che ne risulterà potrebbe aiutarci a capire che cosa, oggi, non funziona. E, forse, a predisporre qualche tecnica di autodifesa.
Da ventitré anni, le Olimpiadi di filosofia insistono su un modello di insegnamento diverso dalla mera successione storica di una galleria di pensatori (e, forse, di un paio di pensatrici, tra cui quasi sempre Hannah Arendt): il Critical Thinking. Lo tradurremo con “argomentazione ragionevole”.
In sede di esame di maturità, la prima prova scritta prevede anche il saggio breve, cioè un testo argomentato, nel quale si prendono in esame criticamente testi che esprimono posizioni diversificate. Nei programmi scolastici di filosofia, italiano, lingue e matematica si trovano da tempo riferimenti a inferenze, argomentazioni, premesse e conclusioni, anche alla logica. Eppure…
Eppure ben pochi se ne sono accorti, specialmente tra i docenti di filosofia, ahinoi (mentre gli insegnanti di italiano ci lavorano da tempo). Sembra che le riforme della scuola in Italia vengano prese in considerazione solo quando proprio non lo si può più evitare.
Proviamo a immaginare un’educazione alla controversia e al dibattito: annualmente nelle scuole si potrebbero organizzare saggi scolastici dimostrativi di dispute come vere e proprie gare. L’esercitazione consisterebbe nel cercare e nel valutare gli argomenti pro e contro rispetto a un tema dato. Perché? Se non altro per un motivo molto semplice: sebbene avvenga spontaneamente, potrebbe essere utile rafforzare in modo consapevole questa competenza. Forse non è possibile insegnare a discutere dal nulla, si può però educare alla discussione e al dibattito, correggendo il modo in cui lo si fa, purificandola perlomeno dai molti errori, grossolani ma persuasivi (si tratterebbe di una terapia).
Qual è il senso delle “regole argomentative”? Le prospettive da assumere, per rispondere a questa domanda, potrebbero essere molteplici, ogni argomento, infatti, si inserisce in una situazione che rimanda a un sapere condiviso (che può non venire esplicitato), nel quale vanno collocate tutte le nostre affermazioni. L’argomento ha una funzione d’uso, sicché chi lo usa si propone uno scopo: chi avanza un’ipotesi, chi conferma una teoria, chi cerca di spingere ad agire, chi vuole persuadere su una credenza; deve tenere in considerazione le caratteristiche dell’uditorio (Perelman & Olbrechts-Tyteca 1958), sia esso un interlocutore singolo, la comunità degli esperti in una disciplina, una giuria durante un processo negli Stati Uniti, i potenziali elettori alle prossime elezioni.
Se parliamo di regole per una discussione ragionevole, dunque, dobbiamo tenere in considerazione (e lo faremo) il fatto che non esistono argomenti isolati, acontestuali, e se queste regole non vogliono essere quelle del litigio, che pure utilizzerebbero argomenti basati sull’attacco alla persona o argomenti emotivi, dobbiamo tenere presente che non possono essere considerate in modo inalterabile e rigorosamente codificato. Questo perché tali regole valgono solo se gli interlocutori decidono di farle valere.
Che significato assume la violazione di tali regole? Non solo quella, tecnica, di errore di ragionamento (secondo l’interpretazione tradizionale o “standard” delle fallacie). Anche sulle fallacie occorre stipulare un’intesa, esattamente come sulle regole: esse sono tali perché non rispettano gli accordi stipulati tra gli interlocutori: se crediamo, possiamo chiamare “regole” tali accordi. È allora possibile ripensare le fallacie dal punto di vista dell’interazione argomentativa, in quanto violazione delle regole che ci si è dati o che sono presupposte.
Regole per “discutere bene”, almeno in un un senso chiaro e codificato, non esistono, ma è possibile indicare alcune condizioni necessarie per una discussione razionale (cioè tali che, se non sono date, la rendono impossibile). Perché utilizzarle? Non perché sia “bene” discutere in modo razionale piuttosto che emotivo (siamo liberi di crederlo), bensì perché, se usiamo queste regole dando e ottenendo ragione, i nostri argomenti ne escono forse rafforzati.
Chiediamo perciò ai lettori e alle lettrici di fornirci suggerimenti di regole (o comandamenti) del Galateo, che renderemo sistematiche nel prossimo intervento. I migliori saranno integrati nel testo. Ora tocca a voi. Avete dieci giorni di tempo.
Logon Didonai
PER APPROFONDIRE
Sulle Olimpiadi di filosofia, vedi il sito della Società Filosofica Italiana (www.sfi.it), che contiene anche il bando per parteciparvi. In alternativa: www.philolympia.net e il sito della pubblica istruzione: www.istruzione.it
Sui programmi scolastici, vedi https://sites.google.com/site/ilquadratodelleopposizioni/my-forms/pubblicazioni-di-didattica-dell-argomentazione
Il classico: Chäim Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca, Trattato dell’argomentazione. La nuova retorica, Einaudi, Torino 1966 [ed. or. 1958].
Sulle regole della discussione “cortese”:
Frans H. van Eemeren e A. Francisca Snoek Henkemans, Il Galateo della discussione (orale e scritta), Mimesis, Milano 2011.
Giovanni Boniolo e Paolo Vidali, Strumenti per ragionare, Bruno Mondadori, Milano, 2002.
Sulla discussione “scortese”, vedi Adelino Cattani, Botta e risposta, il Mulino, Bologna 2001.
Sul dibattito avvelenato e sugli errori di ragionamento nei dibattiti pubblici:
Franca D’Agostini, La verità avvelenata. Buoni e cattivi argomenti nel dibattito pubblico. Bollati Boringhieri, Torino 2010.
Paola Cantù, E qui casca l’asino. Errori di ragionamento nel dibattito pubblico, Bollati Boringhieri, Torino 2011.
In generale, per l’argomentazione (il Critical Thinking) in Italia, vedi la collana il quadrato delle opposizioni, presso l’editore Mimesis: http://www.mimesisedizioni.it/Il-Quadrato-delle-Opposizioni.html
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