Diritti
Il Parlamento Europeo boccia la maternità surrogata: «Il corpo non è una merce»
Il Parlamento Europeo ha detto basta alla maternità surrogata, più conosciuta come “utero in affitto”. Dalla Risoluzione del Parlamento del 17 dicembre 2015 sulla Relazione annuale sui diritti umani e la democrazia nel mondo nel 2014, Strasburgo ha lanciato un messaggio chiarissimo: «la pratica della surrogazione […] compromette la dignità umana della donna».
In assemblea plenaria l’Europarlamento ha approvato l’emendamento dell’eurodeputato popolare Miroslav Mikolasik. Il rapporto, riferito al 2014, è stato preparato integralmente dal collega Cristian Dan Preda. I socialisti avevano domandato di votare contro l’emendamento di Mikolasik ma in seguito il gruppo si è spaccato sul discorso degli uteri in affitto che divide, e non solo in politica. Una buona parte degli eurodeputati italiani del Partito democratico ha votato a favore, consentendo ai conservatori e ai popolari l’approvazione del testo.
Il paragrafo che tocca il tema della surrogacy maternità è il 115 ed è all’interno del capitolo che riguarda i Diritti delle donne e delle ragazze.
Il testo del paragrafo che condanna la pratica degli uteri in affitto. Il Parlamento Europeo «condanna la pratica della surrogazione, che compromette la dignità umana della donna dal momento che il suo corpo e le sue funzioni riproduttive sono usati come una merce; ritiene che la pratica della gestazione surrogata che prevede lo sfruttamento riproduttivo e l’uso del corpo umano per un ritorno economico o di altro genere, in particolare nel caso delle donne vulnerabili nei paesi in via di sviluppo, debba essere proibita e trattata come questione urgente negli strumenti per i diritti umani».
Prima ancora dell’approvazione in Parlamento, però, il testo emendato aveva già ottenuto la maggioranza in tre commissioni: Affari esteri (47 sì, 4 no e 4 astenuti), Sviluppo (22 sì, un no e un astenuto) e Diritti della donna e parità di genere (23 sì e 6 no).
Quella che si fa fatica a comprendere per coerenza è invece la bocciatura ad un altro emendamento proposto da Mikolasik che chiedeva una vera e propria regolamentazione della maternità surrogata. L’eurodeputato “chiedeva” «chiari princìpi e strumenti legali internazionali per l’affrontare le questioni relative alla maternità surrogata allo scopo di prevenire l’abuso di diritti umani come lo sfruttamento delle donne e il traffico di essere umani, e la protezione di diritti, interessi e benessere dei bambini».
Nel 2011 i Popolari avevano già ottenuto una vittoria in materia, riuscendo a far votare un emendamento che parlava di “grave problema della maternità surrogata”. Quella di oggi è invece una chiara condanna ad un fenomeno che è andato, negli anni, sempre più ad estendersi.
In Europa alcuni paesi, come Belgio, Paesi Bassi e Danimarca, “permettono” la maternità surrogata attraverso la procreazione medicalmente assistita; in Regno Unito è lecita quando è gratuita; in Norvegia e in Austria il divieto alla surrogacy scatta quando l’ovocita non appartiene alla donna che mette a disposizione l’utero.
E’ tuttavia complesso avere una limpida fotografia dell’espansione del fenomeno perché la maternità surrogata tradizionale non richiede necessariamente un intervento medico e può quindi essere concordata fra le parti a livello informale. In secondo luogo, sebbene la surrogata gestazionale richieda un intervento medico, le statistiche ufficiali non riportano necessariamente l’accordo di maternità surrogata e spesso si limitano a registrare la procedura di fecondazione in vitro. Inoltre, in molti paesi non esistono disposizioni giuridiche, regolamentazioni o regimi di licenza per i trattamenti per la fertilità o per la maternità surrogata. Questo, come riporta proprio l’Europarlamento, significa che non esistono meccanismi di rendicontazione formali, il che può dare adito a una raccolta di dati statistici ad hoc da parte di singole organizzazioni, sempre ammesso che tali dati siano disponibili.
Il rapporto approvato oggi non tocca però solo la questione degli uteri in affitto ma ribadisce concetti importanti quali l’ampio uso del concetto di «identità di genere», l’incoraggiamento agli Stati membri affinchè garantiscano agli omosessuali «l’accesso a istituti legali, possibilmente attraverso unioni registrate o matrimoni », e la richiesta di assicurare il «facile acceso all’aborto sicuro» nel quadro della pianificazione familiare.
Foto di copertina tratta da flickr.com
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