#stopinvasione arriva a Roma: una notte di rabbia contro il centro per stranieri
Pietre, petardi, vetrate divelte. Brandelli di mobilie che si librano nel cielo fra i botti delle esplosioni udibili a distanza di centinaia di metri. Una normale notte di guerriglia che ci consegna uno dei punti di non ritorno della città di Roma. Sempre più intollerante nei confronti degli stranieri. Questa volta ad essere preso di mira è il centro di accoglienza di via Giorgio Morandi a Tor Sapienza. Una zona periferica, a ridosso del Grande Raccordo Anulare, famosa soprattutto per i roghi tossici, provenienti dalle vicinanze di un campo rom, che da qualche anno ne colorano il cielo. Di giorno e di notte.
A scendere in piazza sono stati gli abitanti del quartiere, esasperati dal clima di insicurezza imperante. Sugli androni delle scale dei palazzi un volantino rimanda a un’assemblea che si terrà oggi pomeriggio. Poche righe che raccontano meglio di ogni altra cosa il clima che si respira da queste parti. “A causa di tutte le aggressioni accadute questa settimana (anziano derubato, aggressione ad una ragazza del parco) e non avendo la collaborazione delle forze dell’ordine in un momento così critico per il quartiere ci sarà una riunione per discutere dei vari fatti elencati e prendere provvedimenti”.
Cosa sia successo non è difficile da capire. Qualcuno non ha avuto la pazienza di attendere e, non appena è calato il buio, è partita la rappresaglia. Fra cittadini infuriati e migranti asserragliati all’interno del centro in tenuta difensiva. Su Twitter, uno degli hashtag della notte di follia xenofoba è il celebre #stopinvasione. Ed è proprio l’adozione di uno degli slogan della Lega di Salvini a fornire un segnale più che tangibile che qualcosa sia cambiato a Roma. Il fallimento delle politiche di integrazione dei rifugiati basate su criteri meramente immobiliari è sotto gli occhi di tutti. “Appaltare” gli stranieri a cooperative, che si occupano della loro ospitalità acquisendo spazi solamente in funzione della loro convenienza economica, si è rivelata infatti un’arma a doppio taglio. Perchè ha accumulato migliaia di poveri nelle zone più degradate della città, facendoli apparire molto più di quanti realmente sono (circa 7500 quelli che vivono nei centri di accoglienza secondo le stime del Campidoglio).
Eppure tanti erano i segnali che avrebbero dovuto far riflettere su un immenente cambio di rotta. Lo scorso settembre, a poche ore dall’omicidio del 28enne pakistano Khan Muhamad Shanzad, nella multietnica Torpignattara erano comparsi manifesti di solidarietà verso il suo assassino, l’italianissimo Daniel. E sempre negli stessi giorni a Corcolle, periferia ancora più estrema ad est della capitale, un assalto mai chiarito di alcuni migranti a un bus dell’Atac in concomitanza con l’apertura di un centro di accoglienza per rifugiati, aveva scatenato per tutto il quartiere la caccia al “negro”.
Lo straniamento dei residenti che vedono minacciato il loro diritto di cittadinanza per la presenza degli stranieri prevale soprattutto nella cintura esterna al centro storico e c’è anche chi il prossimo 15 novembre è pronto a scendere in piazza dell’Esquilino (la Chinatown romana) al grido di “Rivogliamo la nostra città”. In questa assenza dello stato trova comodamente posto il populismo nichilista dell’estrema destra di CasaPound, Forza Nuova e addirittura della Lega, una new entry a queste latitudini. Questo perchè anche quando i cittadini cercano in maniera collaborativa il supporto delle istituzioni, spesso trovano un muro. Al Pigneto, lo spaccio estremo controllato dalla criminalità organizzata ha portato il quartiere in piazza in più di un’occasione negli ultimi tempi. Ma l’unica risposta, dopo il surreale servizio S.M.S (Squadre Mai Spaccio), caldeggiato lo scorso maggio dal ministro Alfano e dal sindaco Ignazio Marino, sono state le solite telecamere. Quelle di un film già visto.
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