Cooperazione

I lavoratori son diventati padroni: così sono rinate le ceramiche Greslab

27 Gennaio 2015

Ci sono quelli che non ce l’hanno fatta, schiacciati da una situazione economica insostenibile. C’è chi ce l’ha fatta, sopravvivendo alla crisi. E c’è anche chi la crisi l’ha affrontata per ben due volte, a distanza di pochi anni, con grande coraggio.

È il caso dei soci della cooperativa Greslab, ex Ceramica Magica, uno stabilimento di produzione di piastrelle di Scandiano, nelle vicinanze di Reggio Emilia. In questo piccolo ma popoloso Comune da 25mila abitanti, che ha dato i natali a Lazzaro Spallanzani, Matteo Maria Boiardo e Romano Prodi, i dipendenti dell’azienda hanno saputo ricostruire in fretta dopo l’esplosione del financial crisis americana, quella dei mutui subprime, superando con tenacia anche la seconda ondata di difficoltà, nel 2011, quando il caos economico ha colpito l’Italia, abbattendo interi mercati e stringendo un nodo scorsoio al collo delle PMI locali.

Tutto è successo molto velocemente, sette anni fa: il crollo del fatturato in seguito al declino del mercato immobiliare negli Stati Uniti, dove la vecchia Ceramica Magica piazzava il 60% della sua produzione, il concordato, lo scorporo dell’azienda nel 2008. Da questo punto di non ritorno, 31 dei 60 dipendenti che costituivano l’unità produttiva hanno avuto la forza di ripartire, formando una cooperativa chiamata Greslab, riavviando la produzione nel 2011 – all’arrivo della crisi in Italia – e tornando in pareggio nel giro di un biennio.

I precedenti proprietari avevano diviso l’azienda in due parti: la parte “buona” (commerciale, magazzino, marchio) fu subito venduta, mentre alla parte produttiva è stato concesso un anno e mezzo di produzione prima della chiusura definitiva, avvenuta all’inizio del 2010, quando il tribunale impose la cessazione delle attività mettendo tutti in cassa integrazione straordinaria.  «A quel punto ci ritrovammo senza lavoro e, vista la condizione economica dell’Italia, avevamo scarsissime possibilità di trovarne un altro», ci spiega oggi Antonio Caselli, ex direttore commerciale di Ceramica Magica e oggi Presidente di Greslab. «Uno studio di commercialisti di Reggio Emilia ci propose un’alternativa: preparare un piano di azione per la formazione di una cooperativa che coinvolgesse i vecchi dipendenti con l’aiuto di Legacoop. A quel tempo, non sapevo nemmeno che cosa fosse il workers buyout, ad essere sincero», racconta oggi.

Un’intuizione che portò alla nascita di un nuovo progetto industriale, grazie al tutoring dei professionisti di Legacoop sul territorio. «Abbiamo deciso di ricalibrare la struttura aziendale, diventando un’azienda “senza marchio”, ovvero producendo piastrelle per marchi già esistenti. Siamo rimasti chiusi 15 mesi, per poi ripartire nel giugno del 2011», spiega Caselli.

Quello del workers buyout, nel frattempo, è diventato un concetto familiare: «Dalla vecchia azienda abbiamo affittato i macchinari, oltre al sito produttivo da 30mila metri quadrati, di cui 15mila coperti. Nel frattempo la vecchia Ceramica Magica è fallita, così nel 2014 abbiamo acquistato il ramo d’azienda dal tribunale. Un passaggio che faceva parte del piano iniziale, e che siamo riusciti a concludere con grande soddisfazione».

Il capitale di Greslab è di due milioni di euro: 500mila versati dai soci (tra mobilità e TFR), 1 milione da Coopfond e CFI, 500mila da tre società commerciali senza unità produttive che sono state coinvolte nel progetto, finanziando parzialmente la partenza. Così Greslab si è creata un mercato di base, che in tre anni è cresciuto esponenzialmente: dai 3 clienti iniziali si è passati a 30, con un fatturato in costante aumento. 4,5 milioni nel 2011, 8,8 milioni nel 2012, 14,4 milioni nel 2013, 14,8 milioni nel 2014. Oggi la nuova cooperativa è in pareggio.

«Quando siamo ripartiti contavamo 31 soci e 5 dipendenti, oggi abbiamo 44 soci e 18 dipendenti», fa la conta Caselli. I sacrifici non sono mancati, soprattutto all’inizio: più ore di lavoro, 40 anziché le precedenti 35, con straordinari frequenti, e stipendi ridotti affinché non ci fosse più di un terzo tra quelli più bassi e quelli più alti. «La motivazione è stata una leva importante. Più il tempo passa, più le persone capiscono che il progetto si sta stabilizzando e la consapevolezza di avere fatto una scelta giusta cresce. Le difficoltà, anziché dividerci, ci hanno unito», prosegue.

«Con il workers buyout devi metterti in gioco completamente. Ci sono stati dei momenti in cui abbiamo dormito tutti molto poco, durante il 2012. Ma non abbiamo mai perso un singolo giorno di lavoro, e questa continuità è stata la nostra salvezza nei momenti difficili», racconta Caselli.

Tutti i soci che siedono nel Consiglio d’Amministrazione lavorano nella cooperativa, e ci sono rappresentanti di tutti i ruoli: la fabbrica, il laboratorio, il commerciale. Come il 53enne Luca Bellei, ad esempio, consigliere “di notte” e “di giorno” fuochista al forno dove vengono preparate le piastrelle. «Coniugare ruoli così diversi per noi non è sempre facile. Fortunatamente, appena partiti, Legacoop ha istituito dei corsi di formazione per tutti i soci, insegnandoci i fondamenti del bilancio e del commerciale, e questo ci ha aiutato molto».

«Arrivando da un’esperienza privata come dipendente, è necessario un cambio di mentalità», conclude Caselli. «Ma non c’è stato mai un momento, un singolo istante, in cui abbiamo pensato di avere fatto un errore. Il workers buyout è stato la scelta giusta, forse non la più semplice, ma quella giusta».

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