Cibo

Cinque pezzi facili. Carciofi alla Romana, Risotto, Arance Caramellate

6 Marzo 2017

E’ arrivata verso sera, poco dopo le sette. Ivass è neozelandese e vive a Londra, si va a cena diversamente da quelle parti, penso io, immagino molto prima che da noi e facendo precedere il cenare da un generico fare altro: chiacchierare, ascoltare un disco o bere vino rosso per aperitivo. Mangiano più semplice loro, per cui cucinare gli viene facile anche intrattenendo. Credo quindi che sia arrivata così presto per consuetudine, non per me. Le apro liberando un sorriso che avrei preferito contenere, ma mi anima una fitta di gioia inattesa e priva di imbarazzo. Non ci eravamo mai visti prima

Ivass è un’amica di Eleonora la quale mi ha messo di fronte a questo incontro con la prospettiva di farmi superare la solitudine in amore, di cui spesso le racconto, combinandola con la passione per l’Italia di Ivass. Non ne parla in questi termini, Eleonora, non dice mai la parola amore, forse pensa che alla nostra età certe ambizioni inibiscano, invece che aiutare. Dice però che ci vorrebbe una donna e si meraviglia della mia mancanza di orientamento e determinazione. Per smontare la resistenza con cui mi oppongo al suo progetto di un combino, martedì mi ha detto “non puoi sbagliare troppo, la mia amica in Italia nuota nel suo DNA, come faccio io ogni volta che percorro il primo metro di terra francese. Sarà mia ospite a Milano per qualche giorno, a partire da giovedì. Incontratevi, offrile una cena e intanto che è lì, tu cucina. Non preparare niente prima”. E’ stata una delle volte in cui la prospettiva sulle cose è riuscita a cambiare le cose. La sua idea mi è sembrata immediatamente una via d’uscita dall’imbarazzo, dal senso di colpa, dalla stanchezza, dal legittimo desiderio di non volere andare in nessuna direzione senza con questo ferire, né soprattutto essere giudicato. “Va bene, dille che l’aspetto domenica a cena da me, all’ora che preferisce”. Sono seguiti tre giorni di dissimulazione; ho diradato gli incontri con Eleonora per una battuta o un caffè nelle ore d’ufficio; ho evitato di pensare al fatto che domenica avrei avuto qualcuno a cena. Io che usualmente faccio liste del menù una settimana prima per accogliere anche un solo amico, io che comincio a sentire un’ansia genuina per il pranzo di Natale dalla fine di ottobre. Poi è arrivato anche il sabato e ho continuato a non volerci pensare, affogando la giornata nell’ordinarietà. Domenica mattina ho dormito fino alle nove. Ma dopo i primi dieci minuti di acqua caldissima, ascoltando i Doors dall’altoparlante a ventosa all’interno del box doccia, i fatti hanno assunto una forma chiara e urgente: quella sera per la prima volta da tempo, una donna sconosciuta sarebbe venuta in casa mia. L’incontro era una combinazione piena di sottintesi e priva di innocenza. Lei vive in un’altra nazione, parla un’altra lingua e la mattina successiva sarebbe ripartita. Ma soprattutto io non avevo fatto la spesa. Quelle che prima erano possibilità, a questo punto, sono diventate necessità e il destino della giornata risultava circoscritto da tre compiti: immaginare un menu per due che fosse italiano e stagionale, fare di conseguenza la spesa, preparare una compilation da ascoltare durante la cena. Poi ovviamente la quarta, cucinare.

Ivass davanti alla porta è una bocca rossa che illumina un volto chiaro. Ha in mano un pacchetto che mi allunga, come per salutarmi, quando è ancora fuori, mentre guardandomi disinvolta dice “ciao sono Ivass, parlo poco di Italiano. Grazie d’invito”. “Welcome, I’m Gerineldo, sorry for my southernamerican name, but please don’t call me Gerry”, le rispondo io sempre col sorriso dovuto alla fitta di gioia. La faccio accomodare in cucina e apro subito il pacchetto, una confezione acquistata da Sautter Cigars di Londra che contiene un Cohiba Robustos e un Partagas D6. Credo di averle rivolto un involontario sguardo d’intesa; entrambi stiamo pensando a Eleonora, che le ha certamente detto dei puros e forse anche dato qualche consiglio su cosa scegliere. Il regalo ne conferma l’aspetto,  Ivass ha l’eleganza semplice e sicura dei cosmopoliti maturi, quando non sono anche ricchi. Dopo i convenevoli su dove lasciare l’impermeabile, si mette a sedere con il gomito sulla spalliera, e la schiena appoggiata al muro. “Per cena”, le racconto, “ho pensato a un vino bianco siciliano, un po’ di pecorino romano per antipasto, solo uno stuzzichino, al risotto coi carciofi come primo, ai carciofi alla romana per secondo e come dessert alle arance caramellate”. La guardo alla ricerca di qualche titubanza, ma non ne trovo. Aggiungo allora “sono cinque cose italiane, si combinano bene e fin’ora sono sempre piaciute ai miei amici”. “Five easy pieces. Cinque canzone facili”, dice lei parafrasando e provando a tradurre. “Sì, Cinque pezzi facili. E’ vero”, faccio io correggendola. “Li ho scelti anche per le sinergie, come si dice in the corporate world. Il pecorino, per esempio, lo usiamo anche come formaggio per il primo, l’olio dei carciofi alla romana servirà a mantecare il risotto eccetera. Fondamentale è disporre ingredienti e cotture nella giusta successione”. Annuisce mentre con le dita ticchetta sul tavolo seguendo LA Woman e dice “capisco molto tutto, segreto del risultato sta quasi sempre in cosa tu fai prima. No, anzi, in cosa tu è prima.” “Nelle premesse?” Provo ad aiutarla io. “Right. The secret of success hides in the premises. Diciamo anche noi in inglese”, ripete con una risata, e portando la testa in avanti aggiunge, “ma quali hanno nostre premises questa sera?” La guardo, avverto il garbo pericoloso del suo argomentare, ma vedo anche le labbra rosse, gli occhi azzurri e l’esitazione di una persona delicata che sa essere divertente. E a questa rispondo, “stuzzichino a parte, primo pulire i carciofi per avere gambi e parti dure per il brodo. Secondo avviare i carciofi alla romana. Terzo fare il risotto. Quarto preparare le arance caramellate. Soprattutto incastrare nei tempi tutto questo. Poi se dovrà essere, può arrivare il caos. Ma la cena funzionerà”. “Persuasive, fine. Let’s go for it. Anche se tutto un poco troppo challenging per me” risponde rilassata.

Ingredienti per due (con qualche avanzo, perché sulla tavola non dovrebbe finire tutto).

Per i Carciofi alla Romana: Cinque carciofi romaneschi (quelli che a Milano si trovano dalla metà di febbraio), 3 spicchi d’aglio, mentuccia (o menta, benché con orrore, ma mai il prezzemolo), sale, pepe nero in grani, olio extravergine d’oliva.

Per il Risotto: due carciofi qualsiasi purché buoni, un litro abbondante di brodo di carciofi, 160 grammi di riso Carnaroli (ma la mia unità di misura parte da 200, al massimo avanza), o quello usato per i risotti, mezza cipolla piccola, olio extra vergine di oliva, l’olio restato dalla cottura dei carciofi alla romana, pecorino grattugiato. Sale e pepe.

Per le Arance Caramellate: 6 arance (meglio bio, polpose e con la buccia fine), 50 grammi di zucchero, un dito di cognac e un po’ di foglioline intere di menta. Sei arance paiono molte per due persone, ma la fatica tra due e sei è quasi uguale, poi si butta molto tra spremere sbucciare e tagliare. Aggiungerei anche che servire un bel piatto richiede che sia adeguatamente popolato. Poi chi vuole mangia e chi no lascia.

Procedimenti

Pulire i Carciofi e fare il brodo di carciofi. Io adotto guanti in lattice monouso per evitare di avere le mani nere per tre giorni. Per i carciofi alla romana uso i carciofi romaneschi. Taglio i gambi fino a lasciarne da cinque a otto centimetri attaccati. Elimino le foglie dure più esterne e dopo averle tolte tutte, faccio un ultimo giro e ne elimino ancora. Lo so, fa male: si butta l’impossibile, ma è indispensabile. Mi consola prendere le foglie scartate e alcuni gambi, non tutti perché un po’ serviranno ad altro, per farne un brodo. Per cui lavo gli scarti, taglio tutto grossolanamente e faccio bollire in abbondante acqua, con un po’ di sale grosso e una cipolla tagliata in quattro. L’ideale sarebbe fare andare un’ora, ma in una cena improvvisata come questa la cottura finisce quando il brodo serve, purché non prima di mezz’ora. Per continuare con i carciofi, riempio un recipiente di dimensioni adeguate a contenerli con acqua, un limone spremuto o un mezzo bicchiere d’aceto. Finisco di pulirli tagliando le punte dure o spinose, sbucciando i gambi (sia quelli attaccati sia quelli tenuti da parte) e immergendoli in acqua.

Preparare i Carciofi alla Romana. Eleonora dice che senza la mentuccia non ci sono carciofi alla romana. Io la trovo un po’ radicale, così a volte ho provato con la menta; riconosco che è un’altra cosa, meno buona, ma comunque possibile. Però a lei non lo dirò mai. Sbuccio l’aglio considerando mezzo spicchio per ciascun carciofo (non temete, non ucciderà, io soffro l’aglio ma non in questo caso) e li appoggio in un mucchietto, affianco una piccola ciotola contenente un misto abbondante di pepe battuto con il mortaio e sale grosso macinato, dispongo foglie e gambi di mentuccia in un terzo mucchietto. Prendo un carciofo pulito, con un dito ne allargo il cuore, se il fondo ha la barba Eleonora dice “tiraglieli sul muso al fruttivendolo”, io la rimuovo con un cucchiaino da caffè. Quindi introduco mezzo spicchio d’aglio, un pizzico di sale e pepe, e qualche foglia di mentuccia. A questo punto il movimento magico, mastruzzare: cioè prendere il carciofo, posizionarlo sopra il tegame e versarci sopra lentamente l’olio; al contempo occorre stringere e rilasciare il carciofo in modo che l’olio penetri tra i petali. Capovolgo quindi il carciofo nel tegame. Ripeto l’operazione con tutti i carciofi. Una volta che saranno posizionati, verso dell’olio su tutti lentamente fino a salire per due dita dal fondo del tegame, lì aggiungo qualche gambo di mentuccia. Scelgo sempre un tegame da 20 o 24 cm dai bordi alti, nel quale i carciofi stiano ben stretti tra loro, eventualmente mettendo dei pezzi di gambo tra l’uno e l’altro. Stendo un foglio di alluminio tra il tegame e il coperchio, accende il fuoco in modo allegro, ma non eccessivo e apro il coperchio il meno possibile (mai). Il vapore che si crea nella cottura fa sì che i carciofi si lessino nell’olio e non friggano: è il segreto per farli restare asciutti e non impregnati di olio. Dopo circa 20 minuti scoperchio e con una forchetta verifico la cottura: deve risultare morbida. Dopo qualche minuto, aiutandomi con un cucchiaio grande, per servire, li sollevo uno a uno e li sdraio contrapposti su un piatto da portata ovale. Si possono mangiare a temperatura ambiente o tiepidi, questa sera saranno il secondo, ma sono buoni anche come antipasto. Per tenerli in temperatura nella circostanza di questa cena, li metto in forno acceso a 80 gradi, senza alcuna ventola, estraendoli solo 10 minuti prima di mangiarli. L’olio è restato tutto nel tegame: si può utilizzare per condire la pasta in bianco, ma io lo uso per mantecare il risotto con i carciofi.

 

Il Risotto coi Carciofi. Inutile dire che i due prescelti vanno puliti benissimo (senza gambi). Poi tagliati a fettine sottilissime e messe nell’acqua acidulata con mezzo limone. Intanto la cipolla va anch’essa tagliata molto sottile e messe a soffriggere a fuoco basso in una padella antiaderente: dovrà stufare per una decina di minuti. Quando si asciuga (e lo fa) aggiungo due cucchiai di brodo. Al contempo faccio tostare il riso per un paio di minuti: fiamma alta, olio sul fondo della pentola (o tegame coi bordi alti), riso che va girato di continuo. Pochi secondi prima del termine tostatura aggiungo il gambo di un carciofo tagliato  cubetti minimi e poi comincio con l’aggiunta del brodo caldo dei carciofi: un mestolo alla volta, continuando a girare il risotto con frequenza. Dopo dieci minuti aggiungo i carciofi a fettine (che si disfaranno, ma non totalmente, nel corso dei circa dieci minuti restanti) e il soffritto di cipolle. Porto a cottura, o meglio in vista della cottura: quindi quando il riso sarà al dente e abbastanza asciutto, sistemo il sale, aggiungo un po’ di brodo e per la mantecatura un paio di cucchiai dell’olio dei carciofi, pecorino grattugiato e pepe. Giro e rendo uniforme nella pentola, quindi copro molto bene (eventualmente frapponendo un canovaccio pulito tra il coperchio e la pentola), e attendo il miracolo. E’ in questi 4 minuti che accade e questo insieme di cose diventa risotto. Utilizzando i carciofi sardi, quelli buoni da mangiare anche crudi, riservo un un paio di fettine che aggiungo con la mantecatura. Poi servo e possiamo cominciare la cena.

Le arance caramellate. Ossia tre euro investiti in un figurone. Spremo un’arancia e aggiungo un dito di cognac al succo. Taglio le cupole ai poli dei frutti restanti, quindi appoggio sul tagliere e pelo al sangue con un coltello affilato a lama sottile. Poi taglio in due la parte restante, sezionandole orizzontalmente. Dispongo le spesse rotelle che ho così ricavato su un piatto piano e su ciascuna metto un paio di foglioline di menta. Porto a ebollizione il succo d’arancia col cognac mentre, su un secondo fuoco, comincio a caramellare: per 50 grammi di zucchero prendo una padella antiaderente da 24 cm. La metto sul fuoco prima alto, comincerà a sciogliersi, quindi abbasso e faccio terminare, senza mai toccare zucchero, né il primo caramello. Al massimo muovo un po’ la padella e bado all’intensità del fuoco qualora avvertissi un primo odore di zucchero bruciato. La dimensione della padella è importante: dovrà potersi scaldare uniformemente e poter accogliere lo zucchero in uno strato sottile. Altrimenti, se troppo spesso, quello che caramella per primo brucia. Quando sarà completamente caramellato, allo zucchero aggiungo succo e cognac ancora in ebollizione e con un cucchiaio di legno mescolo rapidamente fino a che sarà completante amalgamato col caramello. Aggiungo un po’ di menta e spargo il liquido sulle arance. Le metto sul balcone perché vanno mangiate fredde.

Fine del cucinare.

Io e Ivass tra una cosa e l’altra abbiamo mangiato quasi tutto di tutto ciò che ho preparato. Terminata la cena appoggio la sedia a metà tra il balcone e la cucina, rivolta verso l’interno. Mi siedo e accendo il Cohiba, la punta dell’inverno è ormai passata e le ortensie cominciano a germogliare. Sto bene così seduto tra il tepore della cucina abitata e il freddo di una notte di quasi primavera. Da una mezz’ora ha cominciato a piovere. Ivass guarda ancora davanti a sé, poi con un cucchiaio raccoglie due delle sezioni di arancia e un po’ del caramello dal piatto di portata, ne assaggia un pezzo e senza ancora girarsi nella mia direzione prende a canticchiare a bassa voce “I hear the drizzle of the rain, like a memory it falls, soft and warm continuing, tapping on my roof and walls”.

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