Calcio

Mihajlovic? Oppongo la pregiudiziale antifascista e mi dichiaro ex milanista

4 Giugno 2015

Se per il buon Sarri è stato decisivo il suo essere esageratamente di sinistra (persino landiniano, questo è troppo anche in democrazia), è legittimo e conseguente che in casa Milan sia stata fatta cadere la pregiudiziale antifascista a proposito di Sinisa Mihajlovic, che dunque siederà sulla panchina rossonera per i prossimi due anni (in linea puramente teorica e contrattuale). Del resto il Dottore, come tutti noi milanisti d’antàn abbiamo sempre chiamato Berlusconi, fu il primo a sdoganare Gianfranco Fini in una surriscaldata conferenza stampa all’interno del centro commerciale Euromercato di Casalecchio di Reno e dunque a distanza di più di vent’anni la storia si ripete, questa volta decisamente in farsa.

La scelta “prepotente” della società rossonera non ha riscontro alcuno nella storia dei suoi allenatori, i più blasonati ma anche i più scamuffi, e se qualcuno avrà l’ardire  di citare l’intrasigenza sacchiana a dimostrazione del contrario, sappia che all’epoca avemmo a che fare con il Jackson Pollock di tutti gli allenatori, colui che sulle sue incredibili tele rappresentò prima di tutti gli altri l’orrore della bomba atomica. Dunque un genio e in prossimità del genio fu anche il nostro Righetto, precursore italiano d’ogni rivoluzione del pensiero, che applicata all’Italia voleva semplicemente dire imporre se stessi e la propria identità in luogo di subire quella degli altri. Poteva un allenatore così essere autoritario? Era “semplicemente” autorevole, con il carico rivoluzionario che l’aggettivo porta con sè.

E portiamo a casa, noi tifosi rossoneri sofferenti da una vita, un allenatore che prende per il collo i suoi giocatori e lo fa in campo perchè tutti possano apprezzarne il tono muscolare e dunque valutarlo per l’orco cattivo che è. Portiamo a casa, noi tifosi rossoneri sofferenti da una vita, un allenatore strapompato dai mezzi di informazione, che quest’anno ne hanno cantato i miracoli sampdoriani fino a un certo punto della stagione, quando poi se ne sono perse le tracce, mentre la traccia definitiva – quella della classifica finale – rimane scolpita nella pietra e dice che il Genoa, l’odiato Genoa,   e il suo mitico Gasperson lo hanno umiliato staccandolo senza pietà (con l’ulteriore umiliazione di “cattare” l’Europa per grazia genoana).

Inutile accanirsi sulle frasi del passato, quelle secondo cui il suo amore per l’Inter non gli avrebbe mai permesso un futuro rossonero. Queste sono le frasi da baci Perugina che inumidiscono il ciglio dei tifosi più dimentichi del capitale umano delle persone e dunque si perdono nel vento. Resta forte l’impressione di una scelta che intende militarizzare una società allo sbando e non è un caso che il pontifex della vicenda sia sempre lui, Adriano Galliani, da anni nel ruolo di fallito ma ancora in grado di indirizzare il cammino strategico di una squadra costruita su avanzi e parametri zero.

A tutti quelli a cui oggi sfuggirà la frase: “Meglio Mihjlovic di Brocchi”, è giusto non spegnere le illusioni. Ma è anche giusto avvertire su come finirà: il buon Sinisa non onorerà interamente il suo contratto per motivi di forza maggiore che potete ben immaginare.

È per tutta questa serie di motivi, che sentiamo una serenità pascoliana del declinare la nostra non-adesione al progetto autoritario scelto dalla società. Sino al punto, meno doloroso di quanto potessimo credere, di finire “in sonno”, espressione storica che il dottor Berlusconi dovrebbe comunque ricordare, riguardando quei piduisti che non pagavano le quote e che Gelli dunque incasellava nel suo personalissimo freezer. Noi non pagheremo la quota sentimentale che ogni anno abbiamo versato con la felicità della fede. E non ci vergogneremo di tifare contro, se del caso.

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