Calcio
Certe cose all’estero non succedono. La bugia che accompagna il calcio italiano
A furia di sentircelo ripetere, ad ogni occasione incresciosa che riguardasse il calcio italiano, abbiamo finito per convincerne.
Come un mantra, lo hanno ripetuto meccanicamente opinion leader e uomini della strada. Che si commentasse l’uccisione di un tifoso all’esterno di uno stadio, o una semplice invasione di campo per festeggiare uno scudetto, ci siamo puntualmente sentiti dire che “certe cose all’estero non succedono”.
Alla fine ce ne siamo persuasi, finendolo per ripetere a nostra volta: violenze e brutture varie riguardano solo ed esclusivamente la serie A e i campionati minori della penisola. All’estero (magari escludiamo l’Argentina perché quello è un altro emisfero e un altro mondo) è tutto bello, dentro agli stadi e fuori. Basta attraversare le Alpi, per trovare un universo lindo e ben educato.
Tanto che – ed è questa la conseguenza ovvia della suddetta verità ufficiale – a noi appassionati di quello che solo fino a una ventina di anni fa era “il campionato più bello del mondo” non resta che imitare. Gli esempi a cui rifarsi sono tanti. Dal gettonatissimo modello inglese, con i suoi stadi comodi e sicuri, al modello tedesco, vincente e inclusivo, fino a quello spagnolo, con le sue cantere e il suo azionariato popolare.
Poi capita una giornata come quella di ieri, e qualcosa cambia.
Dalla Spagna arriva la notizia dell’uccisione di un tifoso del Deportivo La Coruña, avvenuto a Madrid, prima della partita tra i galiziani e l’Atletico.
Apprendi che il fattaccio non è avvenuto incidentalmente, ma diverse ore prima della gara, in un parco poco distante dallo stadio, e nell’ambito di uno scontro tra fazioni avverse pianificato con largo anticipo. Da una parte, leggi, c’erano gli ultras neonazisti del “Frente Atletico”, spalleggiati da quelli altrettanto fascisti dello Sporting Gijon, e dall’altra i “Riazor Blues”, galiziani e di sinistra, supportati dai madrileni del Rayo Vallecano.
Sconvolto dal fatto che una cosa del genere sia potuta avvenire all’estero e non in Italia, decidi di approfondire e scopri che non si tratta di un caso isolato, ma che anzi i morti negli scontri tra tifosi della Liga sono stati ben 12 negli ultimi trenta anni.
Allora decidi di informarti meglio e, in un crescendo di stupore, arrivi a scoprire che il “problema hooligan” esiste tuttora in Inghilterra (magari non negli stadi, che visto il livello esorbitante raggiunto dai biglietti sono oramai un teatro per soli ricchi), così come nel resto d’Europa.
Succede insomma che in pochi minuti apri gli occhi, e le certezze costruite in anni passati a leggere gli editoriali di Repubblica e ascoltare i commenti di Mauro e Caressa su Sky, vanno a farsi benedire.
Nota a margine
Tutto questo sproloquio, va precisato, non ha l’intento di ridimensionare “i mali del nostro calcio italiano” o di spingere qualcuno a rifugiarsi nel motto “mal comune mezzo gaudio”. Si vuole solo sottolineare che, forse, con un po’ di retorica in meno e qualche dato reale in più si potrebbe anche arrivare a migliorare il vituperato calcio italiano. E anche l’informazione.
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