Scienze

Io, etologa italiana, vi racconto i segreti dei bonobo

20 Novembre 2016

Sembra quasi la trama di un film di fantascienza. La formazione di un grande fiume, opera di cambiamenti climatici epocali, divide per sempre i membri di una stessa comunità, portando col tempo alla nascita di due popoli radicalmente diversi. Uno patriarcale, molto serio e territoriale, talvolta violento. L’altro matriarcale, giocoso e allegro. In realtà non è un racconto di fantascienza, ma un capitolo dell’evoluzione, quello che ha portato alla divisione di scimpanzé e bonobo. Le due specie di primati che, tra le cosiddette grandi scimmie, sono quelle geneticamente più simili a noi. Tanto che con loro condividiamo oltre il 98% del nostro DNA, nonché molti comportamenti della vita quotidiana.

Ne sa tanto a riguardo Elisabetta Palagi, biologa dell’Università di Pisa specializzata in etologia. Nella sua attività di ricerca Palagi ha studiato molti primati, tra cui scimpanzé, macachi, lemuri e gorilla, ma soprattutto i bonobo, ed è autrice di vari paper sul tema. L’ho intervistata per saperne di più sui nostri parenti più stretti, sui comportamenti che abbiamo in comune con loro e, soprattutto, su come sia possibile che due specie quasi identiche a livello genetico siano poi agli antipodi nella loro vita sociale.

 

Ci parli un po’ di lei e di come è arrivata a studiare i primati.

Tutto è cominciato con una laurea in biologia e la passione che ho sempre avuto per l’etologia. Nel 2004 ho conseguito il dottorato in biologia evoluzionistica all’università di Pisa, con una tesi in cui confrontavo il comportamento ludico dei bonobo con quello degli scimpanzé. Ma mi sono occupata anche di altri animali. Mentre scrivevo la tesi, ad esempio, ho lavorato a un progetto di ricerca sulla comunicazione olfattiva tra i lemuri del Madagascar. Mi occupo di molti argomenti in realtà, ma il filo conduttore resta sempre il comportamento sociale perché è ciò che mi interessa di più: capire come gli animali utilizzano delle strategie per evitare che i gruppi sociali implodano e per gestire i conflitti e la distribuzione di ogni tipo di risorse, ad esempio quelle alimentari e sessuali. Negli ultimi tempi poi mi sto dedicando allo studio comparato di alcuni comportamenti che si trovano non solo in vari animali, ma anche nella specie umana. Analizzando specie molto vicine filogeneticamente ma diverse dal punto di vista sociale e poi altre che, viceversa, sono molto distanti filogeneticamente ma simili a livello sociale, indago e verifico se ci siano dei comportamenti analoghi o omologhi.

 

Scimpanzé e bonobo sono un esempio di specie simili dal punto di vista genetico?

Sì, sono specie sorelle. La sovrapposizione del loro genoma è altissima, parliamo di oltre il 99%. Inoltre sono anche le specie di primati più vicine alla nostra, quella che potrebbe fornire il prototipo comportamentale di forme ancestrali di ominidi. Scimpanzé e bonobo appartengono al genere Pan, con il quale noi umani condividiamo circa il 98% del nostro genoma. Studiarle è interessantissimo perché presentano lo stesso tipo di organizzazione sociale ma relazioni interindividuali completamente diverse.

 

Cioè?

Entrambe le specie presentano quella che noi tecnici chiamiamo “organizzazione sociale fission-fusion”. Questo significa che vivono in grandi comunità, che possono arrivare fino a 100-200 soggetti, e che pertanto coprono un territorio molto ampio. E sia negli scimpanzé che nei bonobo, quando sono sessualmente adulte, le femmine lasciano il gruppo natale e ne cercano uno nuovo, per evitare gli accoppiamenti endogamici che, alla lunga, danneggerebbero geneticamente il gruppo. Questo però implica che le femmine debbano lasciarsi alle spalle le loro madri, nonne e sorelle, ovvero gli individui cui sono più legate. Ebbene, nonostante queste somiglianze in aspetti molto importanti nel determinare gli equilibri sociali di una specie, ci ritroviamo con differenze enormi. A cominciare dal fatto che mentre negli scimpanzé la dominanza è prettamente maschile con una gerarchia che va dal maschio alfa ai maschi di basso rango, e con le femmine in una condizione di subordinazione ai maschi, nei bonobo accade l’opposto. Ancora si sta discutendo se si tratti di una dominanza solo femminile o di una co-dominanza con i maschi, però all’apice della gerarchia c’è sempre una femmina.

 

Quindi sono specie sorelle, che vivono nella stessa area geografica del continente africano, eppure mostrano comportamenti opposti. Com’è possibile?

Sembrerebbe un paradosso in effetti. Il punto è che hanno avuto una speciazione allopatrica, cioè causata da una barriera. Nel loro caso è stato per la formazione del fiume Congo, che ha rappresentato una barriera geografica che ha diviso gli individui della stessa specie in due comunità. Non essendosi più potute incrociare tra loro, col tempo (parliamo di un paio di milioni di anni) le due comunità sono diventate due specie diverse, perché non c’è stata più sovrapposizione genica. Questo ha portato pure a un’evoluzione comportamentale diversa. Che, come spesso accade, ruota intorno al sesso.

 

Elisabetta Palagi durante un'osservazione dei primati
Elisabetta Palagi durante un’osservazione dei primati

 

Cosa intende?

Abbiamo detto che le femmine di scimpanzé sono subordinate ai maschi e poco legate tra loro. Invece le femmine di bonobo riescono ad avere la meglio sui maschi perché, pur non essendo imparentate tra loro, creano alleanze fortissime. E lo fanno mediante una serie di comportamenti socio-sessuali, chiamati così per distinguerli da quelli sessuali, che hanno uno scopo prettamente riproduttivo. Anche perché, spesso, avvengono tra individui dello stesso sesso, pertanto non possono portare al concepimento. Ebbene tra i bonobo il comportamento socio-sessuale per eccellenza è quello che avviene tra femmine adulte, e che aiuta a rafforzare il loro legame. Un legame che, per inciso, viene integrato anche con il grooming, cioè la pulizia del pelo, e con il prendersi cura dei piccole delle altre, ad esempio giocando con loro. Tutto questo cementifica i rapporti tra le femmine, che in questo modo riescono a dominare i maschi.

 

Della serie l’unione fa la forza. E tra gli scimpanzé invece, come sono i rapporti maschio-femmina?

Sono caratterizzati da una chiara dominazione maschile. Per fare un esempio, quando una femmina si avvicina al periodo dell’estro, un maschio può prenderla e trascinarla lontano dal resto del gruppo, dagli altri maschi. Questo per assicurarsi di essere l’unico ad accoppiarsi con lei e, quindi, avere la garanzia di paternità della futura prole. Si tratta di coercizione sessuale, i maschi obbligano le femmine, anche dal punto di vista fisico, ad accoppiarsi con loro. Una cosa del genere nei bonobo non avviene mai! Insomma, un maschio può anche provarci qualche volta, soprattutto con una femmina di basso rango, ma immediatamente ne intervengono altre fino a scacciarlo.

 

Come mai scimpanzé e bonobo sono così diversi a livello di organizzazione sociale?

Per trovare la risposta a questa domanda, la prima cosa che si è andati a guardare è stato il tipo di ambiente in cui vivono le due specie perché quello determina anche la distribuzione delle risorse, fattore di enorme importanza. Dunque, i bonobo vivono esclusivamente nelle foreste pluviali del Congo, dove c’è un alto apporto di cibo in maniera praticamente costante per tutto l’anno. Anche perché loro, come dire, si accontentano, e riescono a integrare la loro dieta con l’erba. Chiaramente l’erba è abbondante e distribuita ovunque, dunque è una risorsa per cui non c’è competizione, e questo permette di allentare la tensione. Gli scimpanzé, al contrario, sono riusciti a colonizzare degli ambienti molto più vari, che vanno dalla foresta pluviale alla savana. Da una parte questo è positivo perché aumenta le loro possibilità di sopravvivenza in luoghi assai diversi, però si tratta comunque di ambienti dove la distribuzione delle risorse è molto più a macchia di leopardo, sia nello spazio che nel tempo. Gli alberi da frutta, ad esempio, sono molto ambiti ma producono frutti solo in una determinata stagione, cioè in un periodo di tempo limitato. Inoltre si trova più cibo in alcune zone che in altre. Tutto questo non permette agli scimpanzé di spostarsi in grandi gruppi, se lo facessero non ci sarebbe da mangiare per tutti. Perciò è anche impossibile trovarsi con un gruppo di femmine abbastanza numeroso da permettere loro di coalizzarsi per contrastare il dominio maschile.

 

Prima ha accennato al concetto di “basso rango”. Cos’è che determina che un individuo stia in cima o in fondo alla gerarchia, o che faccia parte dell’élite, nei bonobo e negli scimpanzé?

Nei bonobo ci sono gerarchie meno lineari che negli scimpanzé. Soprattutto, tra loro si trovano anche le cosiddette gerarchie temporanee, nel senso che un individuo può essere dominante in un certo contesto ma non in un altro. Comunque è normale che ci sia una matriarca, una femmina molto importante, a volte anche un gruppetto di femmine molto importanti. Tanto che, nei bonobo, essere il figlio maschio di una femmina dominante fa la differenza, perché significa avere una protezione molto efficace. Insomma, tra loro essere il “cocco di mamma” è una cosa che funziona davvero. Negli scimpanzé invece conta di più la politica tra i maschi, la capacità di stringere alleanze giuste. Bisogna dimostrare di essere in gamba, scaltri, e riuscire ad avere quanti più alleati possibile.

 

Quindi non si tratta solo di essere il più forte?

Assolutamente no, è molto più complesso. A volte anche le femmine hanno un ruolo, nel senso che negli scimpanzé le femmine possono influenzare il fatto che un maschio riesca a diventare l’alfa o meno, ma succede quando riescono a coalizzarsi tra loro. Cosa che accade raramente, ripeto, perché vivono in ambienti che non permettono di vivere in grandi gruppi.

 

E noi esseri umani abbiamo dei comportamenti in comune con questi nostri “cugini”?

Sì, molti. Innanzitutto, la promiscuità sessuale utilizzata dai bonobo a scopo sociale e non riproduttivo è una caratteristica del tutto umana. Dire che solo “l’animale uomo” faccia sesso per divertimento è una bugia bella e buona. Sempre nei bonobo, c’è il mantenimento dell’attività di gioco nell’età adulta. Infatti la loro specie è definita “pedomorfica”, proprio perché mantiene dei caratteri giovanili nella fase adulta, ad esempio l’attività di gioco, e questa è una caratteristica che condividiamo con loro. A parte tutti i giochi strutturati, tipo il calcio o i giochi di ruolo, ci sono altre forme di gioco che sono presenti anche tra gli umani adulti, pensiamo al gioco verbale, le battute, gli scherzi. Gli scimpanzé invece sono molto più “seriosi”, raggiungono l’inibizione sociale e cognitiva molto presto. Insomma, è molto frequente vedere due adulti di bonobo giocare mentre è rarissimo che accada negli scimpanzé. Poi condividiamo molti altri comportamenti, ad esempio l’elaborazione e l’impiego di strategie, come quelle per limitare l’aggressività o ripristinare le relazioni sociali dopo un conflitto tramite la riconciliazione o anche la consolazione. Queste sono azioni che si vedono anche negli scimpanzé, ed entrambe le specie sono capaci di comportamenti molto empatici e altruistici.

 

In barba al nostro specismo, che ci fa pensare di essere gli unici ad avere un’intelligenza, anche emotiva.

Sì. È chiaro che l’evoluzione del comportamento sociale va di pari passo con l’evoluzione di un cervello sociale, che richieda abilità particolari per gestire la socialità, questa è una cosa fondamentale. Il primatologo olandese Frans de Waal, ad esempio, ha osservato e descritto situazioni in cui scimpanzé e bonobo hanno messo seriamente in pericolo la propria vita per aiutare un altro. Cose del genere sono frutto di un cervello che si è evoluto in forma empatica, nel bene e nel male. Quando vogliamo salvaguardare l’unità del branco, del gruppo, della società o della famiglia, ognuno lo chiami come vuole, sia noi che gli animali siamo simili, perché siamo capaci di fare cose davvero speciali.

 

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Immagine in copertina: Hofreiter M, Kreuz E, Eriksson J, Schubert G, Hohmann G – Hofreiter M, Kreuz E, Eriksson J, Schubert G, Hohmann G (2010) Vertebrate DNA in Fecal Samples from Bonobos and Gorillas: Evidence for Meat Consumption or Artefact? PLoS ONE 5(2): e9419. doi:10.1371/journal.pone.0009419.g002

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