Finanza

A #piazzapulita va in onda l’ignoranza finanziaria sul “bail in”

22 Gennaio 2016

Giovedì da dimenticare e da ricordare per i talk show televisivi. Da dimenticare per un telespettatore appassionato di Piazzapulita, da ricordare perché raramente si è visto tanto imbarazzo nel parterre dei blasonati partecipanti al dibattito. Da dimenticare perché dopo svariati giri di tavolo sul bail in si è scoperto che l’unico che sapeva cos’era è risultato essere Claudio Borghi, che in genere interviene nei dibattiti sull’economia come una sonorità punk alla prima della Scala.

Il “parterre” è composto dal sottosegretario Zanetti, con gli occhiali rossi, e da un giornalista con gli occhiali blu (di cui non si è notato il nome, per sua fortuna), dal buon Claudio Borghi Aquilini, la pasionaria Giorgia Meloni, e De Nicola dell’Adam Smith Society. Il dibattito scorre come previsto, con la sinfonia di sempre. Le banche, i titoli subordinati, l’Europa matrigna. Parlano dei prospetti. Il conduttore Formigli suggerisce di fare come con le sigarette e scrivere sui prospetti: “nuoce gravemente al portafoglio”. Non male, penso, provocatorio, anche se io ti potrei costruire dei prodotti che ti fanno morire dal fumo passivo. De Nicola dice che i prospetti sono così grossi e complessi che non li legge nemmeno lui, come dire che se non li legge lui dell’Adam Smith Society non li riesce a leggere nessuno al mondo. Poi parla il giornalista con gli occhiali blu e difende gli scenari probabilistici, e io dico “ma vieni”! Poi…succede l’incredibile.

Prende la parola Borghi che si indirizza verso il solito ritornello che siamo schiavi dell’Europa, lo stesso concetto che ha documentato con un’intervista in rete avvincente come la “Corrazzata Potemkin” durante le ultime feste. Mi aspetto qualcuna delle stonature di quel lungometraggio, e invece resto di sasso. Comincia col dire che tutte le obbligazioni bancarie sono a rischio, e viene fermato dal giornalista con gli occhiali blu, che dice: “no, le obbligazioni sono garantite e restano fuori dal bail in”, e poi a mani giunte e con l’aria seria aggiunge: “non generiamo inutili allarmismi”.

Resto allibito. Borghi ha ovviamente ragione. Il bail in impone che tutte le passività della banca vengano coinvolte nel processo di “risoluzione” (cioè di ristrutturazione) fino ai depositi con più di 100 000 euro. Borghi mostra l’imbarazzo di quello che si chiede: ma dove sono capitato? E allora chiama in causa il sottosegretario dagli occhiali rossi. Diglielo tu al giornalista dagli occhiali blu come funziona il bail-in. Ma Zanetti non risponde. Non lo sa, e poi non vorrà mica fare sponda a uno della Lega! La parola passa a De Nicola, che è in imbarazzo anche lui. Si vede che non può dire che non solo non legge i prospetti, ma non ha nemmeno letto la legge sul bail in, e nemmeno un post sul bail in. De Nicola traccheggia, e noi siamo lì davanti al video come uno stadio di fronte a un giocatore che deve segnare a porta vuota, o come Nanni Moretti di fronte a D’Alema. Dillo! E De Nicola sbaglia, e dà anche lui ragione al giornalista dagli occhiali blu.

A questo punto Formigli divertito dice: “ma pensate a chi ci segue da casa, che si rende conto che nemmeno voi sapete quali investimenti sono sicuri e quali no”. Come dire: è il bail in che non  è chiaro. Non gli passa neppure per l’anticamera del cervello che il parterre che lui ha scelto sul “bail in” è proprio “out”.

L’imbarazzo è palpabile, e il finale, che tocca a De Nicola, è clamoroso. De Nicola guarda dottamente il tablet e, per salvare capre e cavoli, pronuncia una sentenza finale che ricorda Collodi. Se le obbligazioni non sono garantite rientrano nel bail in, mentre se sono garantite ovviamente no. Ricordate Pinocchio: “se il paziente per disgrazia non fosse morto, allora sarebbe indizio sicuro che è ancora vivo”. Insomma, se le obbligazioni sono garantite sono garantite. Per fortuna, nessuno gli ha chiesto: e quali sono le obbligazioni bancarie garantite? Perché allora avrebbe dovuto parlare dei “covered bond”.

Insomma, alla fine, pur di non dire “signori, non lo so”, oppure “signori, ho sbagliato”, l’incidente si chiude dicendo che esistono dei titoli particolari, assistiti da doppia garanzia, personale e reale, che effettivamente possono restare fuori dal bail-in (nella misura in cui la garanzia reale sia capiente, ovviamente). Signori, quanti di voi hanno covered bonds? Per questo, ieri sera a Piazzapulita nessuno ha capito nulla del bail in. E nessuno, neppure il sottosegretario dagli occhiali rossi, ha nemmeno ricordato il fatto che il salvataggio delle quattro banche è stato fatto per evitare il bail in. Eppure, se anche non lo avesse sentito dire al Ministero, avrebbe potuto facilmente trovarlo sui giornali, dove la vicenda girava da settembre.

Insomma, un giovedì da ecatombe televisiva. Il problema dell’informazione finanziaria non riguarda solo la casalinga di Voghera o Johnny il trombaio, ma raggiunge la crema di politici e specialisti che un talk show chiama a illuminare il volgo. Eppure il tema era semplice e non controverso. Anzi, per aggiungere al danno la beffa, l’unico tema controverso emerso dal dibattito è stato sollevato da Giorgia Meloni. Effettivamente, è ancora oggetto di discussione tra i tecnici se, nel caso in cui la liquidazione delle “bad bank” lasci un margine attivo, oltre il famoso 17%, i soldi vadano alle banche (nella forma del Fondo di Risoluzione) o possano essere retrocessi ai vecchi azionisti e creditori subordinati. In conclusione, un pensiero è andato a programmi tanto bistrattato come “Tu si que vales”: almeno lì viene fatto un casting serio, e comunque si ride anche lì.

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